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Sono stato a Lodi tempo fa, per lavoro. Una città che non conoscevo. Mi è piaciuta: pulita, curata ed elegante come sa essere anche Milano, specie negli edifici della prima periferia degli anni ‘60 e ‘70.
Nel caldo del “meriggio”, come lo chiamava Montale, ho assistito ad una scena fantastica: una serie parallela di fontane a filo pavimento di un parco urbano era la gioia di alcuni bambini, in costume, che correvano tra i getti intermittenti. Di fatto una piscina a costo zero dove i genitori tra l’annoiato e il divertito aspettavano sulle panchine adiacenti.
L’episodio mi ha ricordato quanto io da piccolo abbia amato l’acqua, il mare agitato (“i cavalloni” per me e mia sorella, e forse altri), la vasca da bagno, lo stare immerso fino a coprire le orecchie. Ho sempre pensato che così come il liquido amniotico avvolge una nuova vita, assorbendo e smorzando gli attacchi involontari del mondo esterno, così riesca a fare il massaggio dell’acqua anche con l’adulto.
Il nuoto, ad esempio, ha una grande capacità di rilassamento su di me oltre a riportarmi ad uno stato fetale: bracciata dopo bracciata entro in uno stato di “trance” meditativa nella ripetizione del gesto.
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Il progetto di una piscina credo ne debba tener conto. C’è sì l’aspetto scenografico, innegabile, che ogni piscina riesce a conferire di per sé ma c’è anche quello monumentale quando invece prediligo una lamina d’acqua che riflette, duplicando, l’edificio soprastante. C’è inoltre l’atto purificatorio del lavaggio rituale del corpo o di una parte.
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Le terme di Vals, capolavoro dell’architetto svizzero Peter Zumthor ad esempio, danno un senso pieno a questo assunto. L’immersione all’interno di vasche illuminate da sottili tagli di luce zenitali conferisce un’atmosfera unica che riporta l’individuo al centro dello spazio riempito dal proprio corpo e dal suono che produce muovendosi nell’acqua.