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Tiglio
E così è in fiore. Finalmente. Un profumo dolce, intenso e penetrante. Evocativo della fine della scuola e delle vacanze imminenti. Per il sottoscritto anche del Palio di Faenza e del Luna park adiacente.
Troppo spesso l’odorato viene escluso da ogni valutazione architettonica dimenticando che la memoria olfattiva è molto più democratica e resistente di quella visiva, compromessa peraltro dalla sovraesposizione quotidiana.
Il predominio dell’immagine infatti travolge tutto. Ed ha coinvolto da tempo l’architettura. Non a caso quella migliore, o presunta tale, è quella più fotografabile. Ne risultano tante belle architetture, tutte fotografate appena finite e quindi perfette, per poi trovarle inevitabilmente deludenti una volta davanti agli occhi. Il predominio dell’immagine ha creato dei mostri di bellezza. Tutti uguali, dovunque.
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Pochi sono invece gli edifici che reggono il tempo. E pochi gli edifici in cui l’esperienza architettonica è un’esperienza sensoriale, di tutti i sensi intendo.
Ogni casa ha un suo odore che riscopri di rientro da vacanze prolungate. Quell’odore, decisamente consolatorio, è come il Natale: ti ricordi da dove vieni e dove hai bisogno di ritornare per ritrovarti. Questo una bella foto o un video non sa descriverlo. E per fortuna: c’è ancora bisogno di architetture vissute con tutti i sensi.
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Mi è tornato in mente l’oggetto transizionale per i bambini, parolone difficile, che non vuol dire altro che i bambini hanno necessità di un vestito della propria madre e quindi del suo odore, o di un oggetto sostitutivo che rappresenti lei, per sentirsi accolti ed amati. Non diversamente, una volta cresciuti, risentiranno degli odori che ricorderanno loro luoghi e tempi ben precisi. Il profumo del pane o di quella torta che faceva la nonna, quello insopportabile delle “nazionali” del nonno, l’odore di casa e il tiglio, fuori.